Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/310

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22^2 LIBRO da Roma nel i5o7, e fi,lclte visse Giulio II stette esule nel territorio di Trento; nel qual tempo contrasse amicizia col conte. Niccolò d’Arco. Tra le poesie di questo colto poeta abbiamo alcuni versi ne’ quali il ringrazia di certo favor prestatogli, e dice clic all usanza degli antichi Romani vuole ordinare solenni supplicazioni in onor di esso; e avendogli il cardinale con altri suoi versi risposto che ei non volea cotali onori, il conte. d’Arco, scherzando sul timor ch’egli avea di papa Giulio, così gli replica: Non vis suppliciis remunerat i , Quod pacis fueris sequester almae? Hoc saltem mihi non potes negare: Optabo tibi Julium perire. Archad. Carm, p. 181. Dopo la morte di Giulio e l’elezione di Leon X tornò il cardinale a Roma; e si vide dal nuovo pontefice accolto onorevolmente, e in più guise onorato. Ma la congiura contro Leone ordita dal Cardinal Petrucci fu al Cardinal Adriano cagione della sua totale rovina; perciocchè egli fu accusato di averne avuta contezza e di non averla rivelata; benchè alcuni pretendano che fosse questa una calunnia ordita da’ nemici del cardinale affine di.perderlo. Ma o vera, o falsa fosse l’accusa, egli, dopo aver pagata una multa che perciò gli fu imposta, temendo ancor peggio, fuggì occultamente nel giugno del 1517 , e dopo essere stato qualche tempo in Venezia, si trafugò di nuovo; nè più si seppe che fosse di lui avvenuto. L’opinion comune però, come narrasi dal Valeriano (De