Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/373

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terzo a335 che il Fontano non ne raccogliesse che que’ sentimenti dei quali potè ricordarsi, e gli sponesse come gli parve meglio. Dopo essersi ritirato sul colle di Posilipo, e passati ivi due anni in continui esercizj di fervente pietà, fu dal re Ferdinando, che avealo in altissima, stima , inviato a predicar nella Puglia. Quindi si fece udire in diverse città d’Italia , e in tutte ottenne tal plauso , che venendo egli da ogni parte richiesto, nè sapendo come soddisfare ad ognuno, il pontefice Giulio II riserbò a se stesso la scelta dè luoghi ov’ei dovea predicare. Lo stesso pontefice seco il condusse due volte a Bologna , e non v’ebbe occasione di straordinaria solennità in cui non venisse dato ad Egidio l’incarico di ragionare pubblicamente. Tutti gli scrittori di que’ tempi esaltano fino alle stelle la rara eloquenza di questo sacro oratore. Il Giovio ne fa un magnifico elogio , anteponendolo a tutti di quella età (l. cit.); Paolo Cortese , che scriveva a quel tempo la sua opera De Cardinalatu, ne loda al sommo la soavità, la forza, l’eleganza del ragionare l.1, p. 103). Ma il Sadoleto singolarmente, che ben sapeva che fosse scrivere con eloquenza, mandando al Bembo l’orazione da Egidio detta nell’apertura del concilio Lateranense, che si ha alle stampe negli Atti di quel concilio (ed è l’unica cosa in genere d’eloquenza che siaci di lui rimasta), dopo aver detto che il Bembo ed egli soleano chiamare Egidio clarissimun hujus saeculi tamquam obscurascentis lumen, ne fa questo glorioso encomio, eli* io non posso a meno di non recare qui stesamente (Epist.