Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/407

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TERZO 23(hj caro , che morendo lasciollo erede di ogni sua cosa insieme con Gianfrancesco soprannomato il Fattore. Molto adoperossi col suo maestro nelle pitture del Vaticano, e ne compiè alcune da lui lasciate imperfette, e singolarmente la sala detta di Costantino. L’architettura non fu da lui coltivata meno felicemente, e ne lasciò a Roma non pochi saggi ne’ disegni di varie fabbriche, de’ quali venne richiesto. Ma mentre egli godeva degli onori e dei plausi che il suo valore gli meritava, poco mancò che non soggiacesse a grave gastigo dovuto alla disonestà di xvi rami da lui disegnati, e incisi da Marcantonio Raimondi bolognese, e onorati poi con altrettanti sonetti da Pietro Aretino, degno encomiatore di tali sozzure. Il Raimondi fu carcerato: l’Aretino fu pronto a sottrarsi al meritato gastigo, fuggendo da Roma: Giulio, per buona sorte, poco innanzi che si scoprisse ch’ei n’era l’autore, chiamato a grande istanza dal marchese di Mantova Federigo Gonzaga per opera del conte. Baldassar Castiglione , erasi colà recato nel 1524 (V. Mazzucch. Vita di P. Aret. p. 29, ec.). Quali onori e quai magnifiche ricompense vi avesse egli da quello splendido principe, e qual frutto traesse questi della sua liberalità verso Giulio nelle magnifiche fabbriche ch’egli gli innalzò, e in quella singolarmente del T, cui egli e disegnò con vaghissima idea, e adornò di maravigliose pitture (a), ampiamente descrivesi (a) Intorno alle pitture del T merita di esser letta la Descrizione che ne ha pubblicata colle stampe il ch. sig. avvocato Leopoldo Camillo Volta, prefetto della r. biblioteca di Mantova, in cui ancora ci ha date belle notizie intorno a Giulio Romano.