Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/442

Da Wikisource.

2i\o^ LIBRO’ lo strano suo umore e le sue curiose avventure. Egli era prigione in Roma per ordine di Paolo III, quando il cardinale Ippolito II d’Este a nome del re di Francia il chiese al papa, e ottenutolo a gran pena, seco il condusse in quel regno. Grandi furono gli onori, grandi le ricompense che ivi ebbe dal re, e s"egli avesse saputo frenare alquanto la lingua e vincere i suoi capricci, non vi era cosa ch’ei non potesse sperare. E quell’ottimo re non mostrò mai più chiaramente qual fosse il suo amore pe’ professori delle belle arti, quanto nel soffrir per più anni le bizzarrie e le stravaganze di Benvenuto, che fra le altre cose sparlava continuamente di madama d’Estampes favorita tanto dal re. Tornò finalmente in Italia; e anche al duca Cosimo fu accettissimo, quanto il permetteva la strana natura di Benvenuto. Morì, secondo le Notizie dell’Accademia confermate dagli Elogi degl’illustri Toscani (t. 1), a’ 15 di febbraio del 1570, in età di scttant’anni. Delle maravigliose opere da lui fatte nell’oreficeria ci dà una breve ma giusta idea il Vasari, dicendo: quando attese all’Orefice in sua giovanezza, non ebbe pari, nè avrà forse in molti anni, in quella professione, e in fare bellissime figure in tondo o basso rilievo, o tutte altre opere di quel mestiero. Legò gioje, e adornò di castoni maravigliosi, con figurine tanto ben fatte, e alcune volte tanto bizzarre e capricciose, che non si può nè più nè meglio immaginare. Le medaglie ancora, che in sua gioventù fece, d’oro e d argento, furono condotte con incredibile diligenza, nè si possono lodare tanto che