Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/449

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TERZO a4ll XIX. Mentre i rarissimi genj, de’ quali fu sì copiosa l’Italia nel corso di questo secolo , sollevavano a tal perfezione le tre arti sorelle, altre arti ancora, che hanno con esse non picciola relazione, si esercitavan tra noi con uguale felicità , e con uguale maraviglia ed invidia degli stranieri. L’intaglio così nelle pietre, come nel metallo, si condusse a quella maggior finezza a cui poteva condursi. Degl’intagliatori di cammei e di gioie parla non brevemente il Vasari (t. 4? P- 24t)> ’1 quale molti ne annovera de’ più famosi, come Giovanni delle Corniole e Domenico de’ Cammei milanesi, de’ quali abbiamo parlato altrove (t. 6, par. 2) , Pier Maria da Pescia , Giovanni Bernardi da Castel Bolognese, Matteo del Masaro veronese, che fu anche chiamato alla corte del re Francesco I, ove poscia morì nell’impiego di maestro de’ regj conj; Niccolò Avvanzi e Galeazzo Mondella pur veronesi, Valerio vicentino, il Marmitta parmigiano, Domenico di Polo fiorentino, Luigi Anichini ferrarese, Alessandro Casari detto il Greco, Giannantonio de’ Rossi milanese, di cui è celebre singolarmente il meraviglioso cammeo del duca Cosimo I, ove vedesi egli scolpito e ritratto al naturale insieme colla moglie e con cinque loro figliuoli; Cosimo o Jacopo da Trezzo, Filippo Negrolo, Gasparo e Girolamo Misuroni , tutti milanesi, e alcuni altri che parte nel lavorar cammei, parte nel coniar medaglie e in altri cotai lavori si segnalarono. Fra’ coniatori più celebri di medaglie deesi anche annoverare Caradosso milanese: Ancora era in Roma,