Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/280

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a68 LIBRO di questo stromeuto ebbero anclie gli antichi; perciocché Seneca ragiona di certe picciole sfere di vetro, delle quali essi usai ano per ingrossare e render leggibili le lettere più minute (Quaest natur. l. 1, c. 5, 6), che erano in somma una specie di microscopio. Anche di un altro genere di telescopio detto dal Galileo cimiero o celatone, poichè adattavasi al capo in modo che anche navigando sulle galere poteansi assai da lungi scoprire ed ingrandire gli oggetti, fu egli medesimo l’inventore} e oltre le pruove che se ne arrecano nella Prefazion generale (p. 39) e nella Vita del Galileo scritta dal Viviani, ne abbiamo la descrizione in una lettera da lui scritta al co. Orso d’Elci ambasciador del gran duca alla corte di Spagna (Op. t. 2, p. 44^)? e inoltre il sopraccitato sig. senator Nelli ha pubblicata un1 altra lettera dal Galileo scritta all’arciduca Leopoldo nel 1618, in cui gli manda insieme con due cannocchiali uno di questi stromenti (Saggio di Stor. letter. fior, p. 71). Da ciò questo scrittore inferisce che non deesi fede al P. da Rheita cappuccino, che in un suo libro stampato nel iG.p, e intitolato Oculus Enoch et Eliae, pretende di aver ritrovati prima d" ogni altro i cannocchiali di due tubi detti binocoli. Ma, a dir vero, a me non sembra che dalle parole del Galileo si possa raccogliere che il suo celatone fosse di due tubi; anzi a me pare ch’ei sempre parli di un solo, e perciò dell’invenzione de’ cannocchiali binocoli si può lasciare tutta la gloria al suddetto cappuccino. Questo stromento però fu coll1 esperienza scoperto meno opportuno di