Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/298

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2iSC> LIBRO XV. Non ugualmente felice fu il Galileo nclf esaminar le comete. Il gran Ticone era stato il primo a scoprire che esse erano veri pianeti colle orbite per tal modo ellittiche, che nel giro di molti anni per pochi mesi, o anche solo per pochi giorni si muovono presso il Sole, e ne ricevono il lume. Il P. Orazio Grassi gesuita savonese, che era lettore di mattematica in Roma, ove anche finì di vivere nel i65-4 (Soliteli. 71 ibi. Script. Soc. J. p. 351), in una dissertazione latina senza il suo nome stampata nel 1618, all’occasione di tre comete che in quell’anno si videro, sostenne la stessa opinione. Era allora il Galileo infermo, e non potendo per se stesso osservar le comete, gli convenne fidarsi all1 altrui relazioni; il che forse se non avesse egli fatto, avrebbe anche in ciò sostenuta la gloria del suo nome. Egli dunque, non ben persuaso dell1 opinione del Ticone e del p. Grassi, comunicò i suoi sentimenti a Mario Guiducci suo discepolo, e consolo dell’Accademia fiorentina, il quale, in un suo discorso tenuto nell’accademia stessa e poi divolgato, prese a confutare quell’opinione, e a sostenere che le comete eran composte di materia terrestre che dalle nostre regioni sollevavasi sopra f aria. Il P. Grassi, che tenne per fermo che sotto il nome del Guiducci si fosse nascosto il medesimo Galileo, a lui rispose colla sua opera intitolata Libra astronomica c filosofica, a chi debbasi il primato della scoperta. E probabile che amendue la facessero circa d tempo medesimo senza sapere l’uno dell’altro.