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TERZO 655
inutile la fatica necessaria ad apprenderlo, e
quella lingua perciò non fu molto curata. Luca
Oleici do scrivendo da Roma nel 1649) al principe Leopoldo de’ Medici, e proponendogli per
la cattedra d’eloquenza e di lingua greca, vacante in Pisa per la morte di Paganino Gaudenzi, il dotto Leone Allacci: Altro soggetto,
dice (Lettere incilit. t 1, p. 81), che meriti
d esser messo in considerazione a V. A. io non
vedo in Italia, e si sa quanto male si e no provviste le Cattedre di Padova e di Bologna in
questo genere, dove le Lettere Greche, e in conseguenza ogni vero fondamento di sapere, sono
bandite affatto in modo, che di qua non si
possa sperare che cosa debole e ordinarissima (a).
(a) Par nondimeno che in Roma, donde così scriveva nel 1646 l’Olstenio, dovesser trovarsi non pochi
nella lingua greca ben istruiti. Perciocchè, come ha
osservalo il eh. canonico Baiulini (t ifa J. B. Donii,
p. 82), conservasi in Roma nella biblioteca Barberina
un codice in cui si contengono i Fasti di un Accademia
detta Risili.ma, eretta nell’an 1635 nel monastero de’
Basialiani: di rito greco in quella città per opera del
Cardinal Francesco Barberino il vecchio, scritti da Giuseppe Carpano , che era uno degli accademici. Erane
protettore il suddetto Cardinal Barberino, e principe il
Cardinal Francesco Maria Brancacci, e segretario il celebre Giambattista Doni. Nelle loro adunanze solevano gli
accademici recitar prima un ragionamento su qualche
materia sacra o morale, indi passavano allo scioglimento
di qualche dubbio intorno alla lingua greca, tratto singolarmente dalla liturgia di quella nazione. Quest1 Accndenrn peri» non ebbe lunga durata , e come pruova
il suddetto scrittore con una lettera dell7 Olstenio de’ 15
di febbraio del 1642, al partir che il Doni fece da Roma , si sciolse quasi interamente. Nondimeno circa il
Tiraboschì , Voi. XV.
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