Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/301

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8.a;*) willrro esser poeti. Io ho pur detto di Stazio, che (ivi) giganteggia egli pure, e di ogni piccola arena/orma, per così dire, un altissimo monte. Affetto, soavità, dolcezza son pregi a lui ignoti; tutto è sovra grande presso di lui e mostruoso, oltre il difetto di aver seguito il metodo di narratore anzichè di poeta. Io ho pur detto (ivi) che in Silio (il quale dal sig. abate Lampillas si dice francamente spagnuolo (par. 1, p. 245), senza eh ei neppure si degni di accennar le contrarie ragioni per le quali f ho creduto italiano) vedesi una languidezza spossata , e un continuo, ma impotente sforzo a levarsi in alto. Io ho pur detto (ivi) che Persio è viziosamente oscuro. Perchè dunque accusarmi di avere per forza di pregiudizii ripreso lo stile di Lucano e di Marziale, perchè furono spagnuoli, mentre colla medesima libertà ho biasimato lo stile di quegli Italiani che mi son sembrati degni di biasimo? Non ho parlato nella mia Storia di alcuni scrittori spagnuoli che vissero per alcun tempo in Italia. Ma ho anche lasciato di parlare per la stessa ragione di molti francesi e di altre nazioni. Ho procurato di dimostrare che alcuni scrittori, i quali dagli Spagnuoli sono annoverati tra’" loro, furon veramente italiani. Io non voglio ora rientrare in disputa, nè esaminare se le mie ragioni sien più forti delle contrarie che adduce il sig. abate Lampillas. Ma perchè mi accusa egli di aver ciò fallo quasi per odio contro la Spagna? S’ei dicesse ch’io mi mostro in ciò troppo parzial per l’Italia, direbbe cosa di cui io non potrei offendermi ragionevolmente.