Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/305

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8 2C) eh’io parlo assai lungamente e con molta lode ,di Antonio Giuliano retore spagnuolo famoso in Roma (ivi). Vedrete che di Claudio vescovo di Torino, e spagnuolo di nascita, ho parlato non brevemente (t. 3), e se ne ho biasimati, come era dovere, gli errori, ne ho lodata f erudizione. Vedrete ch’io ho attribuito agli Arabi lo scoprimento della proprietà dell1 ago calamitato di volgersi al polo (t 4)j e cbe a quelI occasione ho altamente lodati gli studi de’ filosofi arabo-ispani. Vedrete che ho mentovata (ivi) la raccolta de’ Canoni fatta da Bernardo di Compostella. Vedrete ch’io fo grandi elogi del sapere e degli studi di S. Raimondo da Pennafort (ivi)) e piacciavi qui di riflettere all1 ingegnosa censura che fa l’ab. Lampillas di questo passo. Io dico che tra noi, cioè nell’università (di Bologna, ei si fornì (di quel sapere, ec. Or che risponde il nostro censore? Sebben sia certo (par. 2, p. 197) che il nostro Raimondo fece i suoi studi del Diritto in Bologna, non è però certo, che agli Italiani debba il suo sapere, giacchè, come dice il Sarti, non sappiamo chi fosse il suo maestro. E chi ha detto ch’egli il debba agl’italiani? Io ho detto che egli tra noi, nell’università di Bologna, si fornì del sapere; non ho mai detto eli1 ei fosse scolaro di alcun Italiano. Ma torniamo al nostro argomento. Vedrete che tra’ professori della detta università di Bologna io ho nominati Lorenzo (t. 4). Vincenzo, Giovanni di Dio, Garzia e Martino, tutti spaglinoli, com1 io medesimo ivi affermo. Vedrete che al re Alfonso X ho dato il nome di splendido protettore de’ dotti (ivi).