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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/306

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83o Aggiugnete a tutto ciò le cose poc’anzi accennate , cioè l’onorevol menzione eli io ho fatta T Igino, le lodi da me date agli studi degli Arabi, 1’elogio di’ io ho formato del Cardinal Albornoz e di Alfonso d’Aragona re di

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Napoli, e quello ancora che l’abate Lampillas non ha potuto vedere prima di stampare il suo libro , ch’io ho fatto del marchese del Vasto (t 7,par. 1), la cui famiglia ho espressamente notato ch’era orionda dalla Spagna; e poi ditemi se questi sieno indicii di animo per prevenzione avverso al nome spagnuolo. Io credo anzi di certo che chiunque leggerà attentamente la mia Storia della Letteratura italiana, dovrà confessare che tra le nazioni straniere all’Italia non ve n’ ha alcuna a cui lode tante cose io abbia in essa inserite, quante alla spagnuola; e che se la mia Storia desse ragionevol motivo a qualche doglianza, il che per altro io mi lusingo che non sia , assai maggior diritto a farla avrebbono i Francesi, che gli Spagnuoli; perciocchè la rivalità che è sempre stata tra la nostra e la lor nazione, e il disprezzo con cui alcuni Francesi parlano degl’Italiani, mi ha talvolta animato a prendere con qualche calore le nostre difese. Ma non avrei mai creduto che potessi esser preso di mira come nimico del nome e della gloria spagnuola. Meglio dunque avrebbe fatto il sig. aliate Lampillas , se avesse seguito l’esempio di un altro valoroso Spagnuolo, cioè del sig. abate D Giovanni Andres. Spiacque a lui pure ciò ch’io avea scritto intorno alla parte che gli Spagnuoli