Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/309

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833 prevenuto per tal maniera, che non è sperabile che possa mai esser convinto? Per altra parte il saggio ch’io vi ho dato finora della buona fede con cui egli procede meco in questa sua opera, vi può mostrare abbastanza di qual peso e di qual valore essa sia. Chiunque ha tra le mani una buona causa, non ha bisogno di alterare, di troncare, di travolgere, di dissimulare le parole e i sentimenti del suo avversario, come io ho dimostrato che ha fatto il sig. abate Lampillas. Chi usa di tali artificii, dà a vedere con ciò solo che gli mancan buone ragioni a difendersi. Ma è tempo ch’io ponga fine a questa mia lunga lettera, e cessi ormai d’annoiarvi. A voi che conoscete la mia indole naturalmente pacifica, parrà forse che io v’abbia scritto con calore e con forza maggior dell’usata. Nè io il nego; anzi vi prego a volermene per questa volta accordare il perdono. Già vel dissi, e il ripeto: se il sig. abate Lampillas mi avesse additati i miei errori, io gliene saprei grado. Ma al vedere ingiustamente attaccato il mio buon nome, e al vedermi prestate intenzioni e fini ad uomo onesto mal convenienti, i quali io so di non avere avuti giammai, non ho saputo contenermi entro gli usati confini, e spero che voi mi perdonerete questo innocente sfogo, o anzi questa giusta e ragione voi difesa del mio onore. Continuate ad amarmi, ec. Modena, 23 luglio 1778. P. S. Io non credo che il sig. abate Lampi Ila s farà alcuna risposta a questa mia lettera.