Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/387

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911 convinto, e col dichiarare disperata la causa della nostra letteratura. Ma torniamo al nostro Saggio. In esso desidera l’abate Tiraboschi quella modestia e quel rispetto cogli avversari, che tanto risplendono nella lettera del sig. abate Andres. Io rispondo, che uomini forse più saggi e prudenti del sig. abate Tiraboschi , sebben ammirate abbiano nella lettera del sig. abate Andres e la erudizione, e la forza e l’eleganza dello stile, non ci trovano però maggior rispetto co’ suoi avversari di quello che trovino nel mio Saggio; trovano bensì nella lettera dell’abate Tiraboschi avverato ciò ch’io scrissi (t. 1, p. 85): vediamo ogni giorno, che basta ad un letterato il sentirsi rinfacciar alcuni errori, per impugnar la penna, e vendicare talvolta con ingiurie la pretesa mancanza di riguardo al suo nome. Veggono altresì, che ad onta di tutta quella modestia propria della nobilissima indole di quello illustre Spagnuolo, non potè esso a meno, in vista di quanto scrive il Tiraboschi contro la nostra letteratura, di non esclamare: Misera fatalità della Spagna destinata sempre a depravare la letteratura italiana! Se gli Spagnuoli vengono in italia col comando, la depravano; e la depravano pure se vengono sotto il comando degli Italiani; sudditi o sovrani, servi o padroni che siano ec. (Andres, lett. p. 6, 7). Non è certo la maggior prova che recar si possa a favore della dolcezza e moderazione con cui questi moderni Italiani trattano la nostra causa, il veder costretto a tai lamenti un uomo pien di modestia e rispetto verso i nostri avversari. Tiraboschi, Voi. XV, a4