Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/407

Da Wikisource.

non poteva mandargli i richiesti codici, e allegandone per cagione che Codices jam exinaniti sunt a nostra Bibliotheca, v olesse dire che scarso era il numero de’ libri nella biblioteca della Chiesa romana. Ma V. P. reverendissima mi fa intendere che il senso delle arrecate parole non è già quale io l’avea creduto; ma che significa che delle Opere da S. Amando richieste non v1 era che una copia sola, e che perciò il pontefice aggiugne che il messo del sauto vescovo non avea avuto tempo di trarne copia per la fretta che avea di partire da Roma. Dunque, ne riferisce ella con ingegnoso raziocinio, eravi pure, ma solo una copia, di quelle nella Biblioteca della Chiesa romana, giacchè come avrebbe potuto il pontefice permettere di copiarle, se niuna ve n1 era nella Biblioteca della Chiesa romana? Qualche uom sofisticato ripiglierà forse che potevan quelle opere essere in qualche altra biblioteca di Roma, non in quella della Chiesa romana, di cui io parlo. Ma dovea forse V. P. reverendissima gittare il tempo in rispondere a tai sofismi? E non dobbiam noi esserle grati dell’insegnarci elv ella ha fatto che Codices exinani ti sunt vuol dire non v c più che una copia del tal libro? Egli è pur vero che quando ci lasciamo occupar la mente da un pregiudizio, appena mai avviene che ci induciamo a deporlo. L’idea che io mi era fitta in capo dell1 universale ignoranza nel vii e nell’ vi11 secolo, me ne ha fatto vedere in ogni parte le pruove che ora , attesi i lumi da V. P. reverendissima comunicati al pubblico, svaniscono e si dileguano interamente. Una