Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/420

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944 nimico (i). Come dunque può ella affermare che per quel sonetto Innocenzo VI non credesse degno della sua protezione il Petra, ca? Più forte è T altro motivo , cioè la scostiti nate zza in cui il Petrarca era vissuto. Ma di grazia Padre reverendissimo, un po’ di pietà per l’infelice Petrarca. Un uomo che amò certo con assai caldo e non lodevole amor la sua Laura, ma con cui non si sa che s’innoltrasse mai ad azione che ad onest1 noni non convenga; un uomo che cadde qualche volta con altre donne in gravi trascorsi, ma che non mai ingolfossi nel vizio, e pianse subito i suoi errori, e ne fece a se stesso un continuo amaro rimprovero, e usò d’ogni mezzo per emendarsi, merita egli di esser tacciato di scostumatezza? Aggiunga che Clemente VI, antecessor d’Innocenzo, avea favorito molto il Petrarca. Dunque o Clemente VI fu degno di biasimo (e guai a me se Tavessi ulTermato) colf onorarlo della sua protezione, o non ebbe bastevol motivo Innocenzo VI per privarnelo nei primi anni del suo pontificato. E quali son poi le pruove che V. P. reverendissima arreca della scostumatezza del Petrarca? La lettera da lui scritta al Boccaccio da me poco appresso riferita, in cui egli ricorda con sentimenti di pietà e di compunzione sinceramente cristiana i trascorsi suoi giovanili. E dovea ella dunque volgere a disonor del Petrarca ciò che ne forma l’elogio? L’abate di Sade, soggiugue ella, proccura di pro(i) Vegga si intorno a ciò il toin. 5, pag. 313 della presente edizione.