Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/419

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ella avrà ben conosciuto leggendo ciò ch’io ne ho scritto. Io veggo eli’ ella ne sente diversamente , e non me ne maraviglio, perchè il carattere di V. P. reverendissima è troppo diverso da quel del! Petrarca. Prestando fede allo stesso Petrarca (Senil. l. 1, ep. 3), io ho scritto a pag. 465 che Innocenzo VI si era lasciato persuadere che essendo egli poeta, dovess’essere sospetto di magia, e che perciò su’ principii del suo pontificato mostrossi poco a lui favorevole. Ella, che delle cose del secolo xiv ci può istruire meglio assai del Petrarca, ci assicura che Innocenzo VI non era poi uomo sì rozzo a confondere la poesia colla magia; e ne porta una convincentissima pruova, cioè ch’egli era stato professor di leggi in Tolosa, e che avea sostenute altre onorevoli cariche. Anzi penetrando nella mente di quel pontefice , ella ci addita due forti motivi pe’ quali Innocenzo non amava ne’ primi anni il Petrarca. E il primo si è il sonetto da lui fatto in lode di Cecco d’Ascoli, mentovato poc’anzi. Ma sa ella V. P. reverendissima che Innocenzo VI, francese di nascita, giureconsulto di professione, avesse mai letto quel sonetto? Sa ella che cosa dicesse in esso il Petrarca? Esso non è stampato , e non ne è noto che il primo verso , cioè: Tu se’ il grande A scolari, clic, il mondo allumi, parole che potevansi intendere della dottrina di Cecco, prescindendo dagli errori in cui era caduto. Certo non è possibile che il Petrarca volesse con esso lodare 1’astrologia giudiciaria, di cui egli fu il più dichiarato Tirajjosciii, Voi. XV. 26