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x PREFAZIONE.

na fisica, si aggiungesse una raccolta di osservazioni lunghe e ben prese, con tanti segni, che pur noti sono ai marinaj, ai contadini, ai pastori.

Ma, sebbene la cultura, la letteratura, la stampa, il commerzio in questa età abbia facilitato e aperto, almeno in Europa, la comunicazione delle notizie, infinitamente più, che due secoli avanti; non ostante io pur dubito, che in questo Inventario compiuto, quale si concepisce, e quale si richiederebbe per tutti i buoni effetti accennati, e che per altro niente eccede la misura delle cose umane, anche nello stato in cui sono, sia tuttavia un altro voto de’ Filosofi, impossibile da porsi effettivamente in piena esecuzione. E la ragione sommaria è quest’altra, che dipende dall’incompossibilità di certe cose, o con altra parola, dalla limitazione originale delle creature.

Imperciocchè tutte le grandi imprese, come sarebbe questa, richiedono un tribunale, e una società di corrispondenti, vicini e rimoti, sotto un capo e direttore: che vuol dire, richiedono insieme uno, e moltiuno, perché un solo può formare un piano, o disegno ben inteso, senza cui niente si può fare di sistematico e di buono: molti, perché un solo non basta a muovere tutta la mole de’ materiali che occorrono. Ma i molti (oltre gli ostacoli esterni, che devono incontrare dagli altri uomini, sempre disposti a deprimere, screditare, traversare le cose, in cui non entrano essi) o discordi tra loro, o di forze disugnali, si contrastano, e si disturbano piuttosto che coadiuvarsi. L’uno che deve aver una trascendente e quasi divina forza di spirito, o non si trova, o non dura sino alla perfezione dell’opera. E così gli affari del genere umano devono andar sempre come possono; ed in eterno rimarrà imperfetta la fabbrica delle scienze, e delle arti, della politica, e della morale, dell’economica, della medicina, dell’agricoltura, della pratica e della teorica delle cose; nè si averà mai finita un’impresa di momento, se forse non sia tale, che basti il talento e la vita di un uomo solo per eseguirla.

Non però deve l’Uomo rimanersi inerte ed ozioso, abbandonandosi ad una spezie d’ignavo destino, che sarebbe il pessimo, e l’estremo. Le cose vanno, come vanno, tollerabilmente, e considerato il tutto, si vedrà che non possono meglio; perchè tutti quelli che dirigono i governi delle cose, studiano in effetto per far il meglio. Anche tra’ privati ognuno, che abbia qualche lume e talento, deve dal canto suo contribuire quanto può, a coltivare, promuovere, e perfezionare quegli oggetti, che sono della propria mansione e professione.

Ma qui facilmente s’attraversa un altro difetto umano, finente dagli stessi principj; ed è quello di trascorrere leggermente agli esfremi; del che abbiamo tutto giorno esempj ben manifesti. Un tempo fu non molto lontano, quando gli Uomini, pesando con soverchio momento sopra tutte le cose, davano corpo alle frivolezze, e alle chimere: e un


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