Pagina:Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo, Verona, 1815.djvu/283

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capo lviii. 271

merito, che essi n’avessero avanti. Colui dunque che disprezza l’ultimo di questi miei, nè altresì onora il maggiore; poichè e il piccolo, e il grande l’ho fatto io: e chi ad alcuno deroga de’ miei Santi, deroga anche a me, e agli altri tutti del reame celeste. Tutti essi sono una cosa per legamento di carità: uno stesso sentire hanno, ed uno stesso volere, e tutti unanimamente si voglion bene.

5. Ma oltre a ciò (che è cosa molto più alta), essi amano più me che se stessi, e i propri meriti imperocchè rapiti sopra di sè, e tratti fuori del proprio amore, con tutti sè s’innabíssano nell’amor mio, nel quale eziandio beatamente s’acquetano. Niente è, che negli possa distrarre, o tirare più basso: siccome coloro che della verità eterna ripieni, ardono del fuoco dell’inestinguibile carità. Restino adunque i carnali e animali uomini (che altro non sanno amare che il privato piacere) di disputare dello stato de’ Santi. Essi ne scemano, oppur v’aggiungono secondo ch’e’ sono affetti, non secondo che piace all’eternal verità.

6. Molti sono in questo ignoranti;