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naso corto, il viso largo, e stupido; ecco quel personaggio adorato.

Cominciai a dirgli che l’Amalia s’era ammalata, ed egli rimase impassibile. Aggiunsi che s’era ammalata gravemente, molto gravemente, che l’avevano portata all’ospedale.

E lui, duro come un muro, ed egualmente freddo.

Forse era soggezione, forse quello stupido amor proprio della gente rozza, di non lasciar scorgere la commozione che considerano come una debolezza.

Allora presi coraggio e gli annunciai tutta la disgrazia.

Si fece rosso rosso, girò nervosamente fra le mani il cappello piumato, ma non disse nulla.

Lo esortai ad esser forte, a rassegnarsi, aggiunsi che era una grande sventura; che tutti la sentivamo, e che fin all’ul-