Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/119

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sommessa, mentre una signora sonava e si stava tutti intorno al pianoforte; ma non mi rispose affatto.

Ero disperato, mi pareva d'impazzire. Avevo l'anima così colma di tenerezza che penavo a contenermi; ne soffrivo; susurravo tra me delle parole d'amore: "Cara, cara ....", e mi sentivo gli occhi bagnati di pianto, e mi pareva di cadere.

Passai tutte le ore del pomeriggio steso sull'erba in giardino, col volto nascosto fra le mani, chiudendo gli occhi per raccogliermi nella visione che m'innamorava e mi disperava.

Quando suonò la campana del pranzo mi alzai ed entrai in casa come un matto, con gli occhi gonfi, i capelli arruffati, gli abiti scomposti, senza ricordarmi di fare toletta, pensando soltanto di rivedere l'Eva subito.

Credo che questa gente - parlo degli ospiti e dei vicini di villa - mettano tutte le mie stranezze sul conto dell'arte. Sono di quelle persone dalle idee convenzionali, per cui un artista ed un pazzo sono la stessa cosa; e se vedessero Verdi fare delle cose ragionevoli, direbbero che non è artista.

L'Eva è la sola che capisce il mio stato, e si vede che la sgomenta.

Tutto il giorno era stata preoccupata e mesta; durava fatica a sostenere la conversazione.

La sera venne uno di quegli uragani neri che aumentano ancora l'oscurità della notte. Il tuono rombava minacciosamente. I servitori portarono i lumi, e s'affrettarono a chiudere gelosie ed imposte per tutta la casa.

— È un peccato perdere questo spettacolo - disse l'Eva. - È bello vedere il temporale di notte.