Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/130

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Marco, mio fratello, ispirava una grande ammirazione anche a' miei compagni di collegio Quel bel giovane pallido, dallo spirito brillante, dai modi eleganti, dalla figura nobile, era per noi l'incarnazione di tutti i personaggi simpatici dei poemi e dei romanzi. Paolo, non l'amante ingenuo di Virginia, ma il bel Paolo colpevole di Francesca, e Fausto, dovevano essere belli ed alteri come lui.

Era banchiere; ma aveva i gusti e le abitudini di un principe.

Si parlava delle sue carrozze, e de' suoi cavalli; egli li amava, li faceva correre, ed era felice se ottenevano un premio.

E però non era di quei dandies scipiti che passano la vita nelle stalle o al maneggio, e si occupano così esclusivamente di cavalli e di equitazione che in società sembrano staffieri, introdotti in sala per un equivoco. Marco era istruito, aveva viaggiato molto, sapeva parlar di tutto con acume ed amenità; frequentava la società aristocratica e la borghese, ed era desiderato dappertutto.

Ero lusingato di vederlo intrattenersi più di un'ora ogni domenica nel parlatorio del collegio, narrandomi i suoi viaggi, le sue serate, parlandomi di letteratura o d'arte, e qualche volta iniziandomi al mondo degli affari ed a quello della politica, colla cordialità d'un amico.

Era cordialissimo con tutti; aveva un appartamento signorile e bello, faceva larghi e frequenti inviti, trattava grandiosamente i suoi ospiti, amava che le cronache dei giornali riferissero i fasti delle sue serate e delle sue cene, le sue compere alle mostre artistiche, le commissioni che dava ai pittori ed agli scultori.