Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/225

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LEONARDO.

XXXIV.

Eva ad Augusto.

Avevo giurato a Massimo, e sopratutto avevo giurato a me stessa, di non avere mai più nessuna comunicazione con voi, Augusto. Ed avrei mantenuta ad ogni costo la mia parola, se non avessi veduto che, per la pace di mio marito, per la vita di mia figlia, è necessario che vi rivolga un'ultima parola, che vi domandi un ultimo sacrificio.

Quando rientrai in quella triste giornata di novembre nella mia casa abbandonata, o piuttosto nella casa di Massimo, il mio spirito era talmente turbato dalle paure che m'ispirava la malattia della bambina, che non pensai alla vergogna di presentarmi a mio marito dopo quanto avevo fatto. Neppure lui ci pensò; o almeno non ne disse nulla.

Finchè la vita della nostra figliola fu in pericolo, restammo là, uniti accanto al suo letto, completamente dimentichi di noi stessi, non vivendo che per lei, non parlando che delle cure che richiedeva, del suo stato, dei timori e delle speranze che ci inspirava. Più volte, durante le visite del medico, ci guardammo ansiosi come per leggerci negli occhi quanto potevano avere indovinato; ed io sostenni il suo sguardo senza arrossire, ed egli sostenne il mio senza schiacciarmi col suo disprezzo.

Ma a misura che la bimba cominciava a star meglio, e l'orgasmo della paura materna si calmava nel mio cuore, e tutto intorno a noi riprendeva il placido modo di essere abituale, allora i miei sen