Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/237

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i vetri della finestra, mi affacciai per guardare la casa dei Malvezzi. Ma una nebbia fitta ed umida avvolgeva tutta Milano, e, dall'alto del mio abbaino vedevo soltanto un piano bianco fluttuante, che lontano lontano si confondeva col bianco dell'orizzonte nuvoloso, carico di neve, e sembrava una marina desolata dei paesi iperborei. Sentii un brivido percorrermi tutto, una sfiducia profonda. Mi parve che la vita dovesse scorrere sempre fredda e sconsolata a quel modo per me; mi vidi solo al mondo. senza speranza, senz'avvenire come un uomo perduto nelle nevi eterne del polo; e con un languido sforzo della mia volontà svigorita desiderai di morire. Ma poco dopo, rivedendo i grossi fascicoli del Re Lear, pensai che forse avrei potuto trovare nell'arte un'ultima gioia, un ultimo e durevole amore.

E mi aggrappai disperatamente a quell'illusione; e mi posi al piano e ripassai la partizione, che era per me come la storia di questi tre anni di passione e di strazio.

Man mano che procedevo nella lettura, il mio cuore sembrava ravvivarsi. Risentivo le scosse potenti, l'ardore disperato che m'aveva invaso, e quell'intensità di desiderii che mi facevano piangere, e quelle tenerezze profonde, quelle gioie sovrumane che abbattono come uno spasimo.

E tutto codesto era vivo nelle mie note. Ero sorpreso dalla verità, dall'espressione, dalla potenza di quel lavoro. Ed in un impeto d'orgoglio pensai:

— Oh benedetta la passione, benedetta la colpa, che ha potuto inspirarmi questo prodigio!

E colla mente ardente, colla fronte alta, collo sguardo intento nella visione del mio trionfo, scesi