Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/236

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muti, tristi, come se fuggissero dopo una disgrazia di famiglia, lasciandosi dietro un cadavere per cui sentissero insieme pietà e ripugnanza.

Altre volte quell'uomo m'aveva detto che era completamente felice. E quella donna era spensierata e lieta come una bambina, e non aveva dolori. L'intimità e l'allegria regnavano nella loro casa, e gli amici li amavano, ed i malevoli dicevano:

— Ricchezza e felicità; hanno troppi beni costoro. E li invidiavano. Ora nessuno li invidia più. La gente ammutiva sul loro passaggio con una circospezione offensiva, e li seguiva con commenti più offensivi ancora. E fra quei due esseri buoni, che forse si amavano, c'era una memoria a cui non potevano alludere, un segreto che entrambi conoscevano, ma che non era un segreto comune, e li separava come un abisso.

L'impressione di quell'incontro fu terribile per me. Capivo che potrebbe rinnovarsi e che sarebbe uno strazio per tutti. La mia colpa era irreparabile; non c'era espiazione che valesse a distruggerne le conseguenze dolorose. L'afflizione che ne provavo era così grande, che dominava ogni altro sentimento nel mio cuore. Avevo riveduta l'Eva senza nessun palpito d'amore, senza nessun desiderio di lei. Non avevo risentita che un'immensa, un'infinita pietà, ed un rammarico straziante. Non il rammarico di vederla riunita al marito, ma il rammarico d'averla disunita da lui. Avrei data l'anima mia, per sapere che si amavano ed erano felici. Ma non potevo nulla; e questo era il massimo dei miei dolori.

Dopo lunghe ore di veglia in uno sterile rimpianto, quando vidi un pallido albore di luce invernale rischiarare