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AUGUSTO.


XII.

La signora Malvezzi al maestro Cato

I nostri bachi, o chi per loro, ci chiamano a Regoledo: e la Marichita crede sempre indispensabile la sua presenza tutte le volte che c'è una occasione per fare il chiasso in campagna.

Così per domani, e forse per tutta la settimana ventura, la mia bimba le dà vacanza. È tanto di guadagnato per l'Araba fenice, che potrebbe profittare di questi mesi, in cui non s'accende il caminetto, per risorgere dalle sue ceneri.

Ma mi sono accorta che lei s'ha a male ch'io scherzi sulla sua opera; del resto non c'è argomento su cui sia permesso scherzare con lei. Non ho mai conosciuto un uomo tanto serio alla sua età.

Ogni volta che mi scappa detta una sciocchezza - e non è di rado - ne provo sgomento, e non oso guardar lei perchè sono sicura di vederla cogli occhi pieni di tristezza e di compianto, come se mi fosse morto un parente, o fosse scappato il mio ragioniere.

Io però sono più buona donna. Non me n'ho a male che lei biasimi i miei scherzi. Da ragazza ero abituata a vedere i miei parenti, e tutti gli amici di casa occupati continuamente di me, non facevo la più piccola cosa senza che venisse giudicata, con molta indulgenza, e non si discutesse, con molta parzialità, se era bene o male.

Ora invece la piena fiducia di mio marito, l'ammirazione che ha per me, mi lasciano libera di reg