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«Ma proprio di quel bene che intendo io? le domandai guardandola negli occhi.

«Sì, di quello.

«Mi amate?

«Sì, vi amo. Ma ho una storia. Oh Dio! Le artiste hanno tutte una storia! Soltanto la mia è vera. Volete che ve la dica?

«Ditela, Vittoria: ma ditemi prima che non c’è nulla che v’impedisca di accettare la mia proposta.

Ella sorrise, e senza tener conto di quella preghiera, mi raccontò la sua storia.

«Avevo diciotto anni, quando mio padre, che era notaio, morì lasciando mia madre con due figliole, di cui ero la maggiore, senz’altro avere che il suo studio. Questo si dovette vendere, e dopo molte noie di conti, di minutari, di dare, d’avere e che so io, si trovò che ci restava appena appena da vivere malamente. Io avevo recitato parecchio da dilettante, in campagna, nelle serate di beneficenza, e mi pareva di fare benino. Ad ogni modo ci avevo passione, e dissi alla mamma che mi lasciasse far carriera da attrice per aiutare un poco la nostra povera famigliola.

«Ma sì. Andate a dir codesto ad una signora di principii evangelici come la mamma! Lei ci ve-

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