Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/165

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«— Ho un grave torto verso di voi. Ho molte cose da farmi perdonare. Vi debbo una confessione. Gualfardo, quando mi sono fermata quei due giorni a Milano...

«— Basta, Fulvia, interruppe Gualfardo con una terza stretta di mano.

So tutto. Ero a Milano prima di voi, vi ho veduta arrivare e partire. So tutto.

«— E non mi diceste nulla?...

«— So che siete leale. Sapevo che parlereste voi. Era difficile; ci voleva del coraggio. Ma voi l’avete trovato. Siete una brava giovane...

«M’ero aspettata dei rimproveri o dei lamenti; un amante sdegnato o afflitto. E non trovavo che un giudice giusto e clemente.

«Forse era un senso d’amor proprio ferito; allora non studiai le mie impressioni; ma mi dolse all’anima di non sentirmi rimpianta neppure con una parola. Pensai quanto era freddo per aver sopportato così filosoficamente la scoperta ch’io amavo un altro: e dissi nel mio cuore che non aveva nessun amore per me, dacchè si rassegnava così. Non potei a meno di dirglielo:

«— Voi non mi amate, Gualfardo.

«— Perchè me lo domandate, dacchè amate un altro?

«È vero. Non avevo diritto di lagnarmi. Ma provavo, più forte della mia ragione, una specie di civetteria sentimentale, che ambiva di eccitare un