Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/185

Da Wikisource.

— 179 —

pace. Che vi veda uniti, che possa dire: lascio a mia figlia l’amore e l’appoggio del più nobile degli uomini, ed allora morrò contento.

«A quell’appello straziante per una grazia impossibile, io scoppiai in pianto. Credetti giunta l’ora terribile di svelare la verità, di troncare quel misero filo di vita con un ultimo, grande dolore.

«Ma Gualfardo, generoso, grande, clemente come un Dio, si alzò, venne a me stendendomi le mani, e mi disse:

«— Volete essere mia sposa domani, Fulvia?

«Poi, col piglio sommesso con cui soleva dirmi dopo un bacio quel crudele «Perdonate» che mi gelava il cuore, tornò a ripetere stringendomi le mani:

«— Volete?

«Egli perdonava; faceva sacrificio di sè, del suo sdegno, dinanzi al desiderio d’un moribondo; e per risparmiargli un dolore diceva realmente a me, che non amava più, a me, che disprezzava: «Volete essere mia sposa?»

«Era troppo grande sacrificio per lui; troppa grande gioia per me che la meritavo così poco.

«Ebbi il coraggio di respingerla, e, con uno sguardo che voleva dire:

«Secondatemi» risposi:

«— Domani è impossibile, Welfard. Dovete prima far venire le vostre carte. Scrivete; procuratevele, e poi ci sposeremo subito.