Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/206

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«Mi provai a ricevere un poco, e ad andare in società. Ma dove erano riuniti due uomini, era sicuro che s’udiva presto parlare d’affari. Mi annoiai a morte.

«E tuttavia il ritorno in Europa non mi sorrideva. Sentivo di esservi omai straniera, perchè nessun affetto mi vi richiamava.

«E poi avevo lo spavento di trovare Welfard ammogliato. Io avevo agito male con lui; si credeva tradito. Aveva ragione d’essersi allontanato da me. Ed omai erano trascorsi molti mesi dalla nostra separazione. Se si fosse ammogliato, io non avrei avuto nessuna ragione di biasimarlo; ma sentivo che non avrei avuto il coraggio di sopportarlo.

«Mi domandavo continuamente:

«A che serve la mia vita? A chi sono utile? A chi sono cara? Chi posso amare? Per chi studio e lavoro?

«E sentivo il vuoto, l’inutilità della mia esistenza, e mi facevo sempre più misantropa, e desideravo di morire.

«Per lunghi mesi ho agitato a mio modo la grande questione di Amleto: Essere o non essere.

«E decisi di non essere più.

«Ma, dietro la pace e la solennità della morte, mi apparvero le cento figure goffe e pettegole delle cronache dei giornali, coi loro commenti indiscreti ed il loro biasimo pedante.