Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/207

Da Wikisource.

— 201 —

«Allora tentai un’ultima prova. Feci toletta come una civettuola; mi studiai di esser bella e di piacere, e mi slanciai nel mondo decisa di innamorarmi, se fosse possibile.

«Imposi a me stessa di prestare attenzione a quanti mi corteggiavano per sorprendere il primo barlume di preferenza.

«Scontrai un uomo d’ingegno, che aveva viaggiato molto. Era bello; parlava bene; aveva uno spirito acuto, ed una voce appassionata. Era poeta, e mi dedicò dei versi belli di quella tranquilla poesia della verità e del sentimento, a cui s’inspira la letteratura inglese. Mi corteggiava, senza affettazione, senza chiasso.

«Mi lasciai corteggiare; feci delle chiacchere sentimentali, cercai di esaltarmi; ma dopo alcuni giorni mi accorsi che sprecavo tempo e fatica. Ero perfettamente fredda.

«Rinunciai tosto a quella commedia inutile. Più tardi mi accorsi che il bel poeta mi amava realmente, e soffriva del mio strano procedere.

«Allora mi rimproverai d’essere stata egoista; compresi che non avevo diritto di giuocare coi sentimenti d’un altro per misurare i miei; di lusingare un cuore confidente, dacchè non potevo più amare che la memoria del mio perduto Gualfardo.

«Oh! a me sì che s’attaglia veramente la parabola della spinite!