Pagina:Torriani - Tempesta e bonaccia, Milano, Brigola, 1877.djvu/90

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«Quella sera condusse seco l’impresario del Carcano che era a Torino, me lo presentò, e risparmiandomi viaggi inutili, incertezze d’ogni maniera, e sopratutto le presentazioni umilianti alle agenzie teatrali, mi procurò una scrittura assai conveniente per una esordiente.

«Tutto codesto, lo vedete, Massimo, è prova d’un nobile cuore; ed io me gli sento legata per la vita.

«Ma tutti i sogni d’amore tempestoso che avevo vagheggiati quando ero in collegio, non si realizzarono mai. Non mi accadde mai di vedere Welfard irrompere in casa mia improvvisamente. Mai non mi propose di uscire una sera con me, quando il babbo mi accompagnava a passeggio. Mai non interruppe una lezione in un impeto d’affetto per stringermi al suo cuore. Veniva ogni giorno alla stessa ora; mai un minuto prima. Partiva ogni giorno alla stess’ora; mai un minuto dopo. Mai una parola appassionata; mai un impeto di gelosia.

«Quante volte ne ho pianto in segreto, invocando con tutta l’anima un amore caldo, passionato come quello ch’io mi sentivo nel cuore! Quante volte, dopo aver divorato lungamente le mie lagrime, esse mi sfuggirono dinanzi a lui! Allora, nell’angoscia che mi premeva, gli rimproveravo la sua freddezza, l’indifferenza con cui mi vedeva imprendere una carriera tanto piena di seduzioni.