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non tutto il mondo, ma me ed il mio amore, che mi premeva ben più di tutto il mondo. E mi proponevo di confessarmi.

Però quella promessa formale e dichiarata tra mia cugina ed il suo fidanzato, le loro lettere periodiche, che finivano tutte «credi all’inalterabile amore del tuo Antonio» mi avevano date delle nuove aspirazioni.

Tornai a Novara col desiderio intenso di una lettera o di una promessa.

La Titina diceva che, se Mazzucchetti m’avesse domandata e sposata addirittura, sarebbe stato meglio; ma io avrei voluto prima le lettere. Ne componevo una nella mia mente, la leggevo. Non era tranquillamente affettuosa come quelle d’Antonio a mia cugina. Era ardente come dev’essere una prima dichiarazione. Alle volte, nel mio pensiero, ci mettevo delle espressioni così appassionate, che mi si empivano gli occhi di lagrime.