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Finalmente una sera di maggio, mentre eravamo a passeggio sull’«allea», vidi Onorato, coi due moschettieri che gli erano rimasti.
Nel passarmi accanto, mi guardò, precisamente come se m’avesse veduta il giorno innanzi. Ebbi un accesso di gioia pazza, e pensai:
«Ecco! È venuta la mia volta!»
Ed aspettai di giorno in giorno la domanda di matrimonio.
Ma la domanda non venne. Riprese a guardarmi quando m’incontrava, a venire in chiesa in capo al banco, cogli occhi fissi su me; gli occhi che mi riconfermavano sempre il tacito accordo pattuito fra noi, e rafforzavano la mia fede, ed accrescendo la mia impazienza, mi davano però l’energia d’aspettare.
Ed aspettai infatti altri cinque o sei mesi, felice del suo ritorno, tranquilla d’aver assicurato il mio avvenire.