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— Più di te, perchè le mie braccia sono più forti.

E tutti si afferrarono alla fune, che pendeva dalla carrucola alta. Domenico l’avvolse ad uno dei polsi. Come il fastello cominciò a salire, il legno della carrucola scricchiolò; mentre la polvere con le festuche ricadevano su gli uomini. Lo stalliere stava con la mano tesa, sporgendosi dall’apertura. Gli alzatori si piegavano con un solo respiro; e il fastello penzolava su le loro teste; poi, afferrato dallo stalliere, imboccò nella finestra e disparve nell’ombra.

— È fatta!

Disse Ceccaccio, spolverandosi intorno al collo, dove le festuche restavano attaccate. Ma le braccia gli dolevano, come se fossero state strappate.

Il trattore, venutogli sospetto, andò verso un mucchio di mattoni rotti e di ferracci. Disse:

— Qui manca una serratura vecchia. Chi l’ha presa?

I due pagliaioli si guardarono, e continuarono ad avvolgere le loro funi.

— Giovinotti, chi ha preso una serratura?

Ridomandò Domenico, doventando bianco.

— Io no di certo.

Rispose Ceccaccio con calma.

— Non dico a te. Dico che è stata portata via.