Pagina:Tozzi - Con gli occhi chiusi, Milano, 1919.djvu/28

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— Ma perchè sei così distratto? E pure tu capisci quel che si dice!

Egli, con un’apprensione strana, temeva di rispondere. E dalla sedia andò sul canapè, incapace di sottrarsi a una specie di spavento a cui s’era abituato; subendo quel fascino di allontanamento, che talvolta gli dava un terribile benessere; finchè il sonno non gli fece ciondolare la testa su le ginocchia. Ghìsola, ad un cenno della padrona, gli si avvicinò e gli bucò, appena, con un ferro della calza, una mano, perchè si smuovesse. Pietro finse prima di non sentirla, ancora immerso in quel suo abisso schiacciato. Poi, senza alzare gli occhi, la maltrattò. Ora Ghìsola apparteneva a quella brusca realtà meno forte delle sue astrazioni. Sentì tale differenza, con pena acre.

— Mi hai fatto male!

Egli era già meno tranquillo, con un viso bianco che pareva consunto; e, perchè non si mettesse a piangere, Anna rimandò via la contadina prima del solito. Ghìsola, quasi offesa e con timore, se l’era svignata subito.

La pioggia, ricominciata dopo il tramonto, faceva un crepitìo sommesso fra le lucciole che non si diradavano. Qualcuna aderiva ad uno stelo di grano, e non si moveva più: si vedeva la sua luce immobile, sempre accesa, sotto i colpi delle gocciole.

Pietro si fece spogliare, con gli occhi che