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Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/263

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256 l’ombra della giovinezza


di ridere, pensando alle parole di Livio. Anch’egli trovava un poco ridicola quella ragazza che capitava nella fattoria, e chi sa che effetto ella ne avrebbe provato! Pensando ch’ella sarebbe stata in grado di disprezzare certe grossolanità sue e del fratello, gli veniva voglia di farle sapere ch’egli non ci si sarebbe prestato e non sarebbe stato zitto. Perchè, in fondo, era lei che doveva cambiarsi; e non lui! E, andando dentro lo stanzone dove tre contadini stavano in ginocchio a stendere le mele e le pere, capiva ch’era inutile, e forse sciocco, portare in campagna una ragazza a quel modo. Ma poteva egli lasciarla? Come avrebbe potuto fare a non scriverle più o a non farsi più nè meno vedere? Egli capiva che quella parte non era da lui; e, allora, quel senso di debolezza ch’ella gli inspirava, gli metteva il desiderio di mettersi dalla parte di lei, difendendola magari, contro il fratello. Ma c’era caso ch’ella si fosse perfino vergognata, per esempio, a entrare come faceva lui in quello stanzone; ed egli stesso, del resto, si era vergognato a parlarle delle faccende di campagna. Con lei si era mostrato sempre come il fratello, forse, non se l’immaginava nè meno;