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prefazione IX


In un mio discorso del 1894, per inaugurare il nuovo anno scolastico della R. Accademia Scientifico-Letteraria di Milano, ebbi già a dare un modesto saggio del grande partito che dall’esame di quello pagine si può cavare per intendere a pieno la riforma drammatica tentata dal Manzoni. Il quale, a buon conto, se è il maggiore, o l’uno dei due maggiori nostri prosatori, è anche, insieme con l’Alfieri, l’uno dei due nostri tragediografi più insigni. E mi sia lecito ricordare che di quelle mie osservazioni si dichiarò assai compiaciuto, in uno degli arguti suoi articoletti della Cultura, il primo, per tempo e per merito, dei manzoniani d’Italia, il Bonghi; e la sola volta che a me toccò la fortuna d’intrattenermi con lui di letteratura — eravamo andati, col D’Ovidio, a visitarlo nella tranquilla villetta di Torre del Greco, dove di lì a qualche mese quella magnifica fiamma d’intelligenza si spense —, ei mi riparlò ancora dei mirabili abbozzi del Manzoni, sui quali egli aveva fin allora invano richiamata l’attenzione degli studiosi1. Questi avevan preferito continuare a far, come si dice, dell’accademia pur intorno al poeta ch’ebbe più in uggia l’accademia; e gli ortodossi stracchi non riuscivano meno stucchevoli, con lo loro rifritture, dei pappagalli eterodossi.

Un’altra singolarità della nostra edizione riguarda il testo. Dei componimenti ripubblicati dall’autore abbiamo, s’intende, ridato scrupolosamente il testo da lui fissato nel 1845, e in qualche minimo particolare ricorretto nel 1870; ma, a piè di pagina, ho altresì segnate le varianti delle prime edizioni. Chi vorrà gettarvi un’occhiata, troverà che metteva ben conto di rifare per le opere poetiche quel lavoro di confronto che già altri ha compiuto pel Romanzo. Le osservazioni sarebbero molte e curiose, e qualcuna n’ho accennata qua e là nelle note. Mi limiterò qui a qualche altra spigolatura.

  1. Quegli abbozzi, quali il Bonghi li pubblicò, non sono immuni di errori e di sviste; che non sarebbe stato arduo correggere o scansare. Il Bonghi, sempre troppo affaccendato e spesso frettoloso, ebbe troppo a fidarsi delle copie e delle collazioni, eseguite per lui da chi non aveva nè l’occhio n+ la mano a lavori di tal genere.