Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/28

Da Wikisource.
XIV prefazione


Anche quanto agli arcaismi il poeta si sente le mani legate. A volte, la correzione è agevole; come quando muta «e tostamente un guardo» in «e subito uno sguardo», ovvero quando trasforma le frasi, che per di più si seguivano a breve distanza: «E guata al lume della luna», «Perchè così mi guati Attonito?...», nelle altre: «E osserva al lume della luna», «Perchè così mi guardi Attonito?...». Ma nel primo Coro dell’Adelchi gli è convenuto meglio non toccare il verso: «I figli pensosi pensose guatar». Come pure non toccò «le gioie dei prandi festosi», contento ad accorciar gl’j di «gioje» e di «prandj»; «t’aiti Quel tuo figliuol», «nosco trarrem Gerberga», «se quandunque mentirò», «le grazie a lui rendute», «dal suolo Uliginoso», «che a loro Caglia di lui», «ve ne rammenta?», «ricòrdivi di me», «del solio indegna» (mentre altrove: «Quand’egli osò di contrastarmi il soglio?», e «Quei che il crollante Soglio reggere han fermo»); e tante altre forme e frasi di uso o di sapore più o men vieto1, fino a quell’ammuffito e curioso «E comple?» (p. 69), che un critico maligno ebbe subito a rimproverargli, senza che un giudice ben altrimenti equo e gentile, «per ammenda tarda, ma dolce ancor», ne lo redarguisse2.

Rari sono i ritocchi un po’ più essenziali. Dal diacono Martino, nell’Adelchi (II, 3), aveva fatto narrare, equivocando nella topografia:

                         L’orme ripresi
Poco innanzi calcate; indi alla destra
Piegai verso aquilone....


Il marchese Cesare d’Azeglio, padre di Massimo, lo avvertì dello svarione, ed egli corresse: «alla manca Piegai». L’equivoco, dichiarò nella famosa lettera Sul Romanticismo del 22 settembre 1823, «è nato dall’aver io... dimenticato

  1. Nel Coro dell’atto III dell’Adelchi, in luogo di «valli petrose», il Manzoni aveva, nel primo getto, scritto «valli rigose», che vuol dire «valli nel cui fondo scorre un rivo», ovvero «irrigue» (il Leopardi, nell’Inno ai Patriarchi, 108-9: «onde ministra L’irrigua valle»). Il Bonghi, non so perchè, v’appose un segno d’interrogazione (?).
  2. Cfr. D’Ovidio, Le correzioni ecc., p. 210 ss.