Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/383

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marzo 1821 353

     Non vedete che tutta si scote,
     Dal Cenisio alla balza di Scilla?
     Non sentite che infida vacilla
     48Sotto il peso de’ barbari piè?

O stranieri! sui vostri stendardi
     Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;
     Un giudizio da voi proferito
     52V’accompagna all’iniqua tenzon;
     Voi che a stormo gridaste in quei giorni:
     Dio rigetta la forza straniera;
     Ogni gente sia libera, e pèra
     56Della spada l’iniqua ragion.

Se la terra ove oppressi gemeste
     Preme i corpi de’ vostri oppressori,
     Se la faccia d’estranei signori
     60Tanto amara vi parve in quei dì;
     Chi v’ha detto che sterile, eterno
     Saria il lutto dell’itale genti?
     Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
     64Saria sordo quel Dio che v’udì?

Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
     Chiuse il rio che inseguiva Israele,
     Quel che in pugno alla maschia Giaele
     68Pose il maglio, ed il colpo guidò;
     Quel che è Padre di tutte le genti,
     Che non disse al Germano giammai:
     Va, raccogli ove arato non hai;
     72Spiega l’ugne;1 l’Italia ti do.

Cara Italia! dovunque il dolente
     Grido uscì del tuo lungo servaggio;
     Dove ancor dell’umano lignaggio
     76Ogni speme deserta non è;2

  1. l’ugne,
  2. non è,