Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/426

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396 poesei non acolte dall’autore

     Squallor la terra, e rise: e tu qual fosti,
     285Che provasti, o mortal, quando sul core
     La prima stilla d’armonia ti scese?
     Quale a l’ara de’ Numi allor che il sacro
     Tripode ferve, e tremolando rosse
     Su le brage stridenti erran le fiamme,
     290Se la man pia del sacerdote in esse
     Versi copia d’incenso, ecco di bruno
     Pallor vestirsi il foco, e dal placato
     Ardor repente un vortice s’innalza
     Tacito, e tutto d’odorata nebbia
     295Turba l’etere intorno e lo ricrea;
     Tal su i cori cadea rorido, e l’ira
     V’ammorzava quel canto, e dolce, in vece,
     Di carità, di pace vi destava
     Ignota brama. A l’uom così le prime
     300Virtù fur conosciute onde beata,
     Quanto ad uom lice, e riposata e bella
     Fassi la vita. Allor in cor portando
     Il piacer de l’evento, e la divina
     Giocondità del beneficio in fronte,
     305A l’auree torri de l’Olimpo il volo
     Rialzar le Camene. Ivi le prove
     De l’alma impresa e le fatiche e il fine
     Dissero al Padre; e pieno, in ascoltarle,
     Da la bocca di lui scorrea quel dolce
     310Canto a l’orecchio dei miglior, la lode.
     Ma stagion lunga ancor volta non era,
     Che ne le Nove ritornate un caro
     De la terra desio nacque; ché ameno
     Oltre ogni loco a rivedersi è quello
     315Che un gentil fatto ti rimembri: e questa
     Elesser sede che secreta intorno
     Religion circonda, e, l’arti antiche
     Esercitando ancor, l’aura divina
     Spirano a pochi in fra i viventi, e dànno
     320Colpir le menti d’immortal parola.
     E te dal nascer tuo benigna in cura