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poeti ed eroi 433

dominare. Che Fra Diavolo volesse procurarsi il divertimento d’infilzarli, lui proprio, colla sua propria spada?...

Garibaldi, invece, col suo consueto aspetto affabile o cortese, si fece loro incontro, e strinse a ciascuno la mano. «Poi, volgendosi al generale Thürr: — Domandate a questi bravi ufficiali se hanno qualche desiderio da esprimere; li affiderete a qualche nostro ufficiale perchè li accompagni a Milano, donde poi saranno condotti ad Alessandria; viaggeranno in carrozza chiusa, per sottrarli alla curiosità pubblica, e sarà lasciata a ciascuno la spada, chiedendo loro la parola d’onore che non tenteranno di fuggire. — Mentre il Thürr traduceva in tedesco queste parole, quelle sei facce avevano l’espressione di chi va trasecolando, e parevano improvvisamente illuminate da un raggio di sole. Garibaldi strinse di nuovo la mano a ciascuno, e li congedò dicendo: — Bravi e valorosi ufficiali, vi saluto. — Quei sei si piantaron prima nella posizione del saluto, poi strinsero anch’essi con effusione la mano del Generale; e se erano entrati indecisi, parevano più indecisi ancora nell’uscire».

Gli è che i sommi poeti — quelli cioè che son tali non già per un’autoproclamazione o per il vociare incomposto dei loggioni, bensì per la grazia di Dio e per la volontà del popolo — sanno, nella loro alta mente e nella loro coscienza, vagheggiare e foggiare il tipo degli eroi; e gli eroi — quelli che son veramente tali, per ischietto consentimento degli uomini che han cuore e cervello — riescono ingenuamente e spontaneamente a riprodurre in sè e ad impersonare le più nobili e seducenti manifestazioni del tipo vagheggiato dai poeti sommi. Non ci sorprende ciò che ci rivelano ora le care Memorie intime di quella tra i figli del Poeta che più ne ereditò l’animo e l’ingegno. «Quando arrivarono le notizie della spedizione di Romagna», narra la soave Vittoria Giorgini, il babbo «non stava più in sè dalla contentezza: piangeva, rideva, batteva le mani, gridando ripetutamente: Viva Garibaldi! Viva Garibaldi! Nessuno l’aveva mai visto prima, nè lo rivide mai più in tale stato di gioiosa eccitazione».