Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/145

Da Wikisource.
106 ESCHILO

araldo
A inizïare il mal, Regina, apparve
un tristo genio, un Dèmone maligno.
Dalle schiere d’Atene giunse un èlleno,
e a Serse figliuol tuo narrò, che appena
la foschia scenda della notte negra,
gli Elleni, senza attender piú, sui fianchi
balzeranno dei legni, e in fuga occulta
chi qua chi là scamperanno la vita.
Com’egli udí, senza la frode intendere
di quell’uom, né l’invidia dei Celesti,
tali parole ai suoi navarchi volge:
che appena il sol desisterà dall’ardere
coi suoi raggi la terra, e buia tenebra
i sacri templi occuperà dell’ètere,
s’addensino le navi in fila triplice,
a custodire ogni sbocco, ogni tramite,
e cingano altre l’isola d’Aiace.
Ché se gli Elleni qualche via di fuga
nascostamente troveran pei legni,
e sfuggiranno al triste fato, tutti
i suoi navarchi mozzo il capo avranno.
Con baldo cuor queste parole disse,
ché non sapea ciò che apprestava il Nume.
Quelli con pronte voglie e con bell’ordine
apprestaron le cene; indi i nocchieri
ai bene adatti scalmi i remi legano.
E poi che spento fu del sole il raggio,
e discesa la notte, alla sua nave,
mastri d’armi e di remi, ognuno balza.