Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/248

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I SETTE A TEBE 209

Onde a me, che lamento i miei due principi,
ogni forza vien meno.

Antistrofe III
Dire ben puoi che ai cittadini i miseri
cagione fûr di gravi mali, e a tutti
gli stranieri che a gran file caddero
nella pugna distrutti.
Misera, ahimè!, fra quante donne vantano
di bei figli decoro,
la genitrice loro,
che il figlio suo fece suo sposo, e il vivere
diede a questi germani,
che trovaron cosí morte reciproca
dalle fraterne mani!

Strofe IV
Eran fratelli! E pel dissidio infesto
e per la furia dissennata, giunsero,
nell’urto ultimo, a termine funesto.
Or tregua ebbe la lite.
Commiste nella polvere,
di sangue intrisa, vedi ambe le vite.
Or consanguinee son! Disciolse il nodo
de le liti fra lor l’ospite Càlibo2
temprato al fuoco, in questo amaro modo:
le sciolse il ferro. Con amare mani
Marte partiva i beni: i voti d’Èdipo
non volle, il tristo, che cadesser vani.