Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/270

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PROMETEO LEGATO 231

ai Titani, continuano i lamenti e il racconto alle Oceanine; e anche qui, risaliva nel tempo, ed enumerava i benefizi largiti agli uomini: vero doppione. E doppione della predizione ad Io, quella in cui predice ad Ercole le varie tappe del suo viaggio.

E nessun dubbio che, se crescesse il numero dei frammenti, crescerebbero le analogie. Dovute, in gran parte, alla forzata immobilità del protagonista; e questa, alla fondamentale concezione eschilea del dramma e del mito di Prometeo.

Se, infatti, sottraendoci al fascino della poesia, esaminiamo con la fredda critica, vediamo facilmente che nel Prometeo, non solo non esiste azione, ma anche mancano veri caratteri drammatici.

Colpa o deficienza di Eschilo? Non credo.

Che cosa è infatti, nel suo piú profondo significato, il mito di Prometeo? È la rivolta contro la divinità, che ha creati gli uomini e poi li ha abbandonati, ludibrio agli elementi, alle fiere, ai morbi, alle cieche passioni. È la lotta dell’uomo contro queste forze indifferenti e nemiche, l’ansia di ascendere, a dispetto di queste, e della stessa volontà di Giove, in una sfera di civiltà. Goethe ha inteso e mirabilmente espresso questo concetto nei suoi versi giovanili:

          Hat nicht mich zum Manne geschmiedet
          Die allmächtige Zeit
          Und das ewige Schicksal,
          Meine Herrn und deine?

Ora, un personaggio nel quale s’incarni questo concetto, non è un personaggio drammatico. Non è dramma, nel senso corrente, questa lotta contro l’invisibile, questa aspirazione