Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) II.djvu/10

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AGAMENNONE 7

E quando Agamennone è già entrato nella reggia, dove troverà la morte:

Oh Giove, Giove
che i voti adempì, esaudirci il mio!

Né queste allusioni sfuggono sempre ai vecchi del coro. E giusto dopo questa ultima, più esplicita e trasparente, esprimono in un lugubre canto i loro presentimenti angosciosi.

In realtà, Clitennestra ha la feroce voluttà di scherzare col pericolo — tratto assai comune nei delinquenti, osservato e reso da Eschilo con grande finezza.

Ottenuto lo scopo, compiuto il delitto, la ipocrisia venata di sarcasmi tramuta in brutale cinismo. Ella appare sulla soglia della reggia stringendo in pugno la scure omicida. Le sue prime parole suonano:

Dire l’opposto a quanto prima io dissi
per opportunità, non m’è vergogna;


e tutto il discorso è un racconto minuzioso ed una sfrontata esaltazione del proprio delitto. Ma, pur nel cinismo, riappare la ipocrisia e la finzione. Ella adduce due fatti a discolpa del proprio assassinio. Primo, il sacrificio d’Ifigenia — e tutto il complesso del dramma ci grida che il suo amore per la figlia è menzognero; o, meglio, esagerato e sfruttato. Poi la gelosia, infinta, per Cassandra. Cassandra, come si sa, era stata presa fra il bottino di guerra; e Clitennestra dice con indignazione che fu amante di Agamènnone. Ma essa è l’amante di Egisto da anni ed anni: il nuovo amore di Agamènnone per Cassandra, sep-