Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) II.djvu/52

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AGAMENNONE 49

decimo; e attingo questa speme sola
480delle molte già frante! Io non credevo
piú di morire in questo argivo suolo,
né parte avere di sí dolce avello.
Ed ora, salve, o suolo, salve, o luce
del sole, e Giove, re di questa terra,
485e tu, di Pito re, che piú dall’arco
le frecce contro noi non scagli! Troppo
nemico presso allo Scamandro fosti:
salvaci, adesso, e pon fine ai travagli,
Apollo sire! E voi tutti, dell’àgora
490Numi, supplico; e te, diletto araldo,
degli araldi decoro, e a me patrono,
Ermete; e voi che ci spingeste ad Ilio,
defunti eroi, benevoli accogliete
le schiere che campâr dalla battaglia!
495O dei re nostri casa, o dolci tetti,
o seggi venerandi, o sculti dèmoni,
il re che giunge dopo il lungo indugio,
con onori accogliete, e con sí fulgido
viso, come or, che il sol v’accende. Giunge,
500luce recando nella notte a voi,
e ai cittadini tutti quanti, il sire
Agamènnone giunge. Or salutate -
bene è giustizia - lui, che con la marra
che a vendetta gli die’ Giove, scalzò
505Ilio: scassato è ben tutto quel campo,
tutto disperso è della terra il seme.
Tal giogo imposto ad Ilio, a noi ritorna
il maggior degli Atridi, né fra gli uomini