Pagina:Tragedie di Euripide.djvu/20

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MEDEA


la nutrice
Oh volata la nave Argo non fosse
Tra le azzurre Simplègadi alla terra
De’ Colchi mai! mai ne’ Peliaci boschi
Quel pin tronco non fosse al suol caduto;
5Nè tocco il remo avessero que’ prodi
Per commando di Pelia un dì venuti
L’aureo vello a rapir! La donna mia,
Medea, mai navigato all’alte mura
Non avrebbe di Jolco, il cor trafitta
10Per Giasone d’amor; nè persuase
Avria con fraude le Pelíadi figlie
A dar morte al lor padre: onde fuggendo,
Qua in Corinto co’ figli e col consorte
Giunse, gradita a’ cittadini, e in tutto
15Compiacente a Giasone. È sommo bene
Non dallo sposo discordar la sposa;
Ma or qui tutto è nimistade, e guasti
Son gli affetti più cari. I proprii figli
E la signora mia tradì Giasone,
20Regie nozze stringendo. Ei di Creonte,
Che di Corinto è re, sposò la figlia;
E la rejetta misera Medea