Pagina:Tragedie di Euripide.djvu/21

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4 Medea

Reclama i giuramenti e la impalmala
Destra di lui, pegno di fé solenne;
25E invoca i numi a riguardar qual mai
N’ha da Giason ricambio. E giace in lungo
Digiuno, attrita di dolor le membra,
E dì e notte in lagrime stemprandosi,
Dacché seppe lo scorno onde il marito
30L’offese; e mai né l’occhio né la fronte
Leva da terra; e degli amici ascolta
I conforti cosi, come onda o scoglio
Del mare: e immota sta, fuor se talora
Volge il candido collo, rimpiangendo
35Seco medesma e padre e patria e case
Che abbandonò, per qua venir con uomo
Che la disprezza. Or la misera apprese
Quanto bene pur sia non esser privi
Della terra paterna. Ha in odio i figli;
40Né più gode in vederli. Io temo, io temo,
Non covi in sè qualche nuovo disegno:
Fiero spirito è il suo; né tanto oltraggio
Sopporterà. Ben io costei conosco;,
Quindi ho timor, non di Creonte uccida
45La figlia, e quel che a lei sposo s’è fatto,
Poi sciagura maggior forse la colga.
Tremenda ell’è; nè di leggier ch seco
Nimistà prende, porterà vittoria.
Ma ecco i figli suoi, che dalle corse
Tornan de’ carri, e alcun pepsier de’ guai
50Della madre non han; chè d’attristarsi
D’alcun dolor l’età novella è schiva.