Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/111

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42 EURIPIDE

non vuol costrette: insita dote è questa.
Rifletti a ciò. Pure fra l’orgie bacchiche
la donna savia non sarà corrotta.
Vedi! T’allegri tu, quando s’addensa
popolo alle tue soglie, e la città
il tuo nome festeggia. Anch’esso il Nume
degli onori va lieto. Io, dunque, e Cadmo
che tu schernisci, i crin cingiamo d’ellera,
e caroliamo: l’uno e l’altro bianchi;
ma pur forza è danzare; e i tuoi discorsi
non m’indurranno a battagliar coi Numi.
Ché folle sei d’una follia maligna;
né filtro a te saprebbe dar sollievo,
né senza filtri il male a te s’apprese.
i corifea
Non indegni di Febo a cui t’ispiri
sono i tuoi detti, o vecchio; e onor prestando
a Bromio, a un sí gran Dio, saggio ti mostri.
cadmo
O figlio, bene t’ammoní Tiresia.
Resta fra noi, non ir dai riti in bando:
ch’or tu vaneggi, ed ostentando senno,
senno non hai. Se pur, come tu dici,
Nume non è, lascia che qui lo chiamino
Nume; e parrà, per questa pia menzogna,
ch’abbia Semèle generato un Dio,
e onore avrem la nostra casa e noi.
D’Atteóne ricorda il triste fato: