Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/278

Da Wikisource.

IONE 209


uccidere il fanciullo, e ai miei signori
conquistati i trofei, morire, oppure
vivere, e luce ancor veder. Ché ai servi
solo una cosa fa vergogna: il nome;
ma in tutto il resto, inferiore ai liberi
uno schiavo non è, quando sia probo.

coro

Anch’io, regina, vo’, la tua ventura
partecipando, o morte, o degna vita.

creusa

O anima, come tacere?
Or come svelar le segrete
mie nozze, e il pudore obliare?
Quale ostacolo piú mi rattiene?
Gareggiar d’onestà, con chi debbo?
il mio sposo non è traditore?
Sono priva di casa, di figli,
è lontana la speme, che addurre
a bell’esito invano sperai,
tacendo le nozze,
tacendo il mio flebile parto.
Ma no, per la sede
di Giove cosparsa di stelle,
per la Dea che dimora sovresse
le mie rupi, pei lidi beati
dell’umido stagno Tritònide,
piú nasconder non vo’ quel mio talamo;
e, sgombro che n’abbia il mio cuore,

Euripide - Tragedie, 1-14